L’arbitrato è una procedura stragiudiziale,  (nella quale non è richiesta la presenza di nessun giudice ordinario),  per risolvere una controversia civile e commerciale, realizzata tramite l’assegnamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla controversia, detti arbitratori, normalmente in numero di 3, di cui 2 nominati da ciascuna delle parti ed il terzo  scelto da parte di una persona al di sopra delle parti (es. il Presidente  della Camera arbitrale A..N.P.A.R.), i quali forniscono  una loro decisione, definita lodo arbitrale, che include la determinazione  del caso ritenuta più adeguata.
La decisione  di assegnare l’esito della lite ad un collegio arbitrale può essere fatta dalle parti direttamente alla scrittura del contratto con l’inserimento di una apposita clausola compromissoria o, successivamente dopo l’insorgere della controversie, con la sottoscrizione di un apposito accordo, definito  “compromesso arbitrale”.

Legislazione e validità

L’istituto dell’arbitrato è regolato dagli articoli 806-840,libro IV, titolo VIII del Codice di Procedura Civile.
È fatto divieto di appellarsi  all’arbitrato per motivi relativi al diritto di famiglia e per quelli “che non possono formare oggetto di transazione” (diritti indisponibili).
La clausola che rimetta la soluzione di eventuali controversie all’esito di un arbitrato (clausola compromissoria) deve essere manifestata nell’atto (o in concorde contratto  distinto, compromesso) e non può mai essere presunta. Gli arbitratori devono sempre essere in numero dispari affinché si abbia esito definito dell’arbitrato, nel senso  che, sia sempre possibile, una decisione presa a maggioranza semplice, nel caso che il contratto preveda, invece,  un numero pari, spetta al presidente del tribunale nominarne un altro aggiuntivo.
Il lodo (negozio giuridico, assimilabile ad una sentenza, con cui si conclude un arbitrato), se rituale, ha efficacia vincolante nei rapporti fra le parti ed è suscettibile di ottenere efficacia di titolo esecutivo, se depositato alla cancelleria del Tribunale del luogo in cui è stato emesso e conferita capacità esecutiva dal giudice, al pari della sentenza emessa dall’autorità giudiziaria ordinaria. Il lodo rimane comunque un atto privato, al quale la legge associa gli stessi effetti dichiarativi della sentenza. Il lodo, inoltre, può a prescindere dall’esecutività, essere impugnato per nullità, per revocazione o per opposizione di terzo.