Niente nomi da suggerire, ovviamente. Ma l’identikit di quali caratteristiche dovrebbe possedere il nuovo Guardasigilli, quello sì, dopo tanto tempo speso sulla giustizia, mi sento di poterlo suggerire.
PUNTO PRIMO. I vent’anni alle spalle ci dicono che la parola più gettonata da cui guardarsi è “leggi ad personam”. Ce le abbiamo ancora lì tra i piedi, a rovinare il nostrodestino (vedi le carceri piene per colpa della ex-Cirielli). Chi entra a via Arenula deve garantire che non ne farà mai una del genere e che si batterà per eliminare quelle che già ci sono.
PUNTO SECONDO. Certezza di chiudere una stagione. Proprio la storia delle leggi ad personam testimonia che le dinamiche parlamentari incidono molto. Basta una piccola distrazione e…zac…la norma inquinata può passare. Un difetto certo delle ultime due Guardasigilli — Severino e Cancellieri — è stato quello di essere all’oscuro dei trucchi di Camera e Senato. Questo, se non ha favorito norme ad hoc, di certo ha rallentato il cammino di leggi importanti. Certo, professori e tecnici hanno i loro indubbi meriti, ma la macchina delle leggi conta. È necessario che il nuovo Guardasigilli sappia scrivere i provvedimenti anche alla luce della conversione parlamentare, che li segua nel modo giusto (quindi contano i sottosegretari), che abbia il gusto della mediazione, senza sforare nel compromesso deteriore.
PUNTO TERZO. È necessario il coraggio della rottura. È la caratteristica fondamentale. Rompere con il passato, guardare avanti. I processi sono troppo lunghi? Cominciamo ad eliminare la tagliola della prescrizione, e finiranno così i giochetti degli avvocati per “sfinire” il processo per prescrizione. Ci sono troppi reati? Facciamo una depenalizzazione razionale, che sia effettivamente gestibile in Parlamento, che non richieda tempi di conversione infiniti. Le carceri sono piene? Suvvia, cambiamo le due leggi inutilmente criminogene, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi.
PUNTO QUARTO. Ci vuole decisionismo. Il ministero, alias via Arenula. Lì bisogna che il nuovo ministro metta mano. Verificando poltrona per poltrona. Stanza per stanza. Per farlo deve dotarsi di uno staff — minimo, mi raccomando — che abbia l’autorevolezza per tagliare i rami secchi, per verificare dove servono veramente i magistrati e dove no, dove è meglio sistemare un manager.
PUNTO QUINTO. Basta ambiguità. Serve un uomo senza padrini e padroni. Il buco nero delle carceri va disvelato. La recentissima denuncia dell’ex pm di Palermo AlfonsoSabella — che da mesi è anche sui tavoli della procura di Roma, con tanto di succosi allegati, rivelatrice di anomalie negli incarichi e negli appalti — non può restare senza seguito. La magistratura farà il suo cammino, ci si augura celere e deciso, ma il nuovo ministro non può attendere che siano i pm a stabilire se qualcuno ha sbagliato o ha approfittato.
PUNTO SESTO. Costituzionalista? Magistrato? Avvocato? Politico puro? In un ministero come la Giustizia essere del mestiere conta moltissimo. Significa non essere prigionieri della struttura. Significa scoprire gli agguati prima degli altri. Ma attenzione al tecnico puro, che ignora il gioco degli equilibri politici e degli sgambetti parlamentari.
PUNTO SETTIMO. La “storia” personale e professionale del nuovo Guardasigilli conta. Lo vogliamo integerrimo e trasparente, ma come tutti gli altri ministri del futuro governo Renzi, o di qualsiasi governo in verità. Nessun rapporto opaco. Niente «scheletri nell’armadio», come dice Casson. Uno di cui non possa uscire una sola intercettazione compromettente. Uno che non abbia trattato affari. Uno con le mani pulite. Ce ne sarà uno in Italia, no?
(scritto anonimo pubblicato su blog R.it din operatore di Giustizia che la sa molto lunga di come dovrebbe funzionare la Giustizia).