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Quattrocentomila naviganti, 5.000 mediatori di cui oltre mille iscritti al nostro organismo  esprimono piena solidarietà  per le parole espresse dall'ecc.mo  Vice-Presidente del CSM On. VIETTI,  in risposta alle rimostranze di un ex nostalgico detrattore  della media – conciliazione.

"Roma 21.05.2013

Caro ………..,

sono  stato  accusato   di  promuovere  un’iniziativa   ”improvvida”   quale  sarebbe l’obbligatorietà della mediazione.

Vorrei innanzitutto chiarire che ho sempre ritenuto lo strumento della mediazione utile per deflazionare l’ormai insostenibile carico di lavoro che grava sui nostri tribunali civili.

Desidero però rassicurare che la mia non è affatto una crociata in favore della mediazione e contro il ricorso alla giurisdizione.

Tutto al contrario, la mia preoccupazione è proprio quella di ripristinare le condizioni minime  perché  la  giurisdizione  possa  tornare  a  garantire  ai  cittadini risposte tempestive ed efficienti.

E  la  mediazione   mi  sembra  un  valido  strumento   per  garantire  un  filtro all’accesso indiscriminato  alla giustizia professionale, al pari peraltro di istituti quali l’arbitrato e la conciliazione, che da molti anni affiancano il sistema contenzioso.

E’ bene pero’ riflettere sulla circostanza che se fino ad oggi i sistemi alternativi  di risoluzione delle controversie non hanno funzionato, la spiegazione va rintracciata a prescindere dalla qualità del singolo strumento alternativo.

Il problema è culturale, nel senso che dipende in larga parte dal fatto che il cittadino italiano  pretende  che  la  propria  controversia,  indipendentemente dalla  tipologia  e dalla  sua obiettiva  rilevanza,  sia giudicata  da magistrati  togati,  sino al giudizio  di cassazione.

Questa mi sembra la vera ragione del sostanziale fallimento dei sistemi extragiudiziari   di  risoluzione   delle  controversie   civili,  tra  cui  mi  permetto   di annoverare la conciliazione giudiziale, che ha percentuali di successo veramente infinitesimali, come è  ben noto a tutti coloro che quotidianamente frequentano le aule giudiziarie.

Quindi la previsione  della obbligatorietà  del preventivo  esperimento  di forme di risoluzione alternativa delle controversie si pone non già come affermazione di una prava  volontà di privazione  di diritti costituzionalmente garantiti, ma al contrario come    un  tentativo  di  lettura  costituzionalmente orientata  ed  attuale  del canone dell’art. 24 della Costituzione: il diritto ad agire in giudizio  non postula infatti che prima di rivolgersi ai giudici professionali non si debba tentare di risolvere altrimenti la lite.

E la media conciliazione, sin quando ha operato, mi risulta aver dato risultati incoraggianti, anche sul piano della partecipazione degli avvocati in un ruolo stragiudiziale che in altre parti del mondo rappresenta per loro una parte rilevante dell’attività professionale.

E non è vero che l’Italia sarebbe l’unico Paese ad avere forme obbligatorie di  mediazione.

In Austria  esiste la conciliazione  preventiva obbligatoria  quando si tratti di una controversia in materia locatizia, di proprietà immobiliare e nelle liti di vicinato.

In Belgio  la  mediazione  è  obbligatoria  per  le  industrie  nei  seguenti  settori: telecomunicazioni, assicurazioni, poste, diritti dell’infanzia, rapporti con il governo, rapporto  con  le  istituzioni  dell’Unione  Europea,  banche,  energia,  collocamento privato, pensioni, prodotti finanziari.

In Danimarca la conciliazione è obbligatoria per le imprese nel settore del turismo in merito ai viaggi e all’alloggiamento e nel settore dei mutui ipotecari.

In  Estonia  l’arbitrato  è  obbligatorio  in materia di  assicurazione  per le  imprese, mentre è volontaria la conciliazione.

In Francia  il procedimento informativo sulla conciliazione preventiva è obbligatorio mentre il procedimento deve essere espletato in caso di divorzio e nei procedimenti davanti al Conseil des prud’hommes, in materia di contratti di locazione abitativi, per la vendita diretta ed in tema di pubblicità in relazione alla partecipazione delle industrie.

In Germania l’obbligatorietà  è prevista in caso di immatricolazione dei veicoli a motori e per i reclami davanti alla Banca centrale tedesca. Alcuni Land hanno inserito l’obbligatorietà per altre materie quali le controversie patrimoniali di valore non superiore a 750 €, nell’ambito del diritto di vicinato ed in materia di diffamazione.

In Irlanda è  necessaria  la  partecipazione  a  metodi  ADR  per  il  settore  della pubblicità, delle pensioni, della vendita diretta e dei servizi finanziari.

In Inghilterra vi è attualmente una forte spinta verso la mediazione obbligatoria. In Svezia la mediazione è obbligatoria per le controversie che ineriscono la locazione ad uso commerciale.

Credo quindi che si debba ragionevolmente tornare a parlare subito di ADR, senza pregiudizi e in un’ottica costruttiva.

Ma con uno spirito necessariamente proiettato verso una radicale riforma del nostro sistema giudiziario, piuttosto che ancorato a forme di conservazione che, di fronte allo stallo attuale, non hanno più ragione di essere.

Michele Vietti