La mediazione delegata e l’ordinanza del Tribunale di Milano del 29 ottobre 2013
La legge n.98/2013, di conversione del d.l. 3013 n.69, ha riscritto il tessuto normativo del D.Lgs.n.28/2010 anche in tema di mediazione delegata dal Giudice, prevedendo la facoltà per lo stesso, anche in appello, di disporre l’esperimento del procedimento di mediazione presso un Organismo di mediazione, iscritto presso il Registro tenuto dal Ministero della Giustizia e davanti ad un mediatore professionale iscritto presso questo Organismo. Si tratta di una facoltà insita nel processo e prevede un ambito normativo di applicazione che prescinde dalla natura della controversia, cioè dall’elenco delle materie sottoposte alla condizione di procedibilità ex art. 5 comma 2 del D.Lgs.28/2010. Dunque, il Giudice non ha alcun vincolo, essendo libero di disporre il tentativo di conciliazione presso l’ organismo di mediazione, qualunque sia la materia del contendere in giudizio, anche al di fuori di quelle indicate dalla legge per la mediazione obbligatoria. Naturalmente il Giudice dovrà tener conto, ai sensi del novellato art.5 comma 2, della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento processuale delle parti per poter disporre con buone probabilità di successo l’esperimento del procedimento di mediazione.
Nel caso di cui mi occupo, riguardante l’appello contro una sentenza del Giudice di Pace con oggetto il credito per somme dovute per spese straordinari di due figli di minore età, il Giudice d’appello, nell’Ordinanza del 29 ottobre 2013, nella specie il Tribunale di Milano, sez.IX, ha evidenziato la peculiarità delle natura della lite e del conflitto fra i coniugi, testualmente affermando che” ove la lite coinvolga parti legate da un pregresso rapporto affettivo, come tale destinato a proiettarsi nel tempo, la ricerca di una soluzione conciliativa risulta di evidente opportunità, considerando che i litiganti, non più coniugi ma ancora genitori debbano tener sempre presente l’interesse preminente dei figli minori, meglio preservato se gli stessi non diventino, seppur indirettamente, oggetto di procedure giudiziali”. Dalla esperienza processuale, risulta evidente che tali tipologie di conflitti non si risolvono naturalmente con lo strumento giudiziario che diventa portatore di altre e conseguenti conflittualità.
Inoltre, il Giudice d’appello, scorrendo l’ordinanza citata, rileva che “ vi è un evidente iato tra il diritto fatto valere ( se guardiamo il valore del credito secondo la domanda attorea ) e il mezzo azionato per tutelarlo ( v. due gradi di giudizio ), nel senso che, tenuto conto del peso effettivo della lite, in termini monetari, lo stesso creditore avrebbe potuto anteporre alla scelta effettuata, la risoluzione alternativa della controversia, con la mediazione civile, e riservare il percorso giurisdizionale solo alla situazione residuata all’esito del fallimento della mediazione”.
Chi ha l’onere di instaurare la procedura di mediazione delegata ex officio dal Giudice? Secondo la previsione dell’art.5 comma 2 “ l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio d’appello e , di conseguenza, l’onere della instaurazione grava sull’appellante.
Anche per la mediazione delegata dal Giudice, bisogna osservare la statuizione di cui al novellato art. 4 comma 3 che prevede che la domanda di mediazione va presentata mediante un’istanza depositata presso un Organismo nel luogo del Giudice territorialmente competente per la lite, a meno che le parti di comune accordo deroghino a tale norma, scegliendo un altro Organismo.
Se l’appellante a cui spetta l’onere di instaurare il procedimento di mediazione non si attiva, non è escluso che l’istanza possa essere presentata anche dall’appellato e, nel caso che tutti e due si attivino, al cospetto di più domande di mediazione, la stessa deve essere esperita dinanzi all’Organismo adito per primo,purchè territorialmente competente.
Avv. Domenico Lenoci
Formatore e mediatore ANPAR