Più che svolgere la mediazione bisogna amarla Egregio Presidente Penso sia importante lasciare un segno delle proprie esperienze. Ieri 5 fratelli, grazie alla mediazione, hanno posto fine ad una “sofferenza”, per il momento “legale”, che li ha visti lottare da circa quattro anni. Con il rancore nei cuori, hanno scritto fiumi di lettere, altrettanti ne hanno fatti scrivere dai propri avvocati, tentando di districarsi tra conteggi ereditari, rivendicazioni, impegni assunti e non mantenuti, dichiarazioni sottoscritte dai propri genitori (o presunte tali) e tanto altro. Al primo incontro congiunto non si sono neppure salutati e nessuno voleva parlare. Ho chiesto a uno dei legali presenti di illustrare la vicenda che ci occupava e dopo pochi secondi, una parte lo ha interrotto con tono deciso: E no avvocato, dobbiamo iniziare dal 1970! A quel punto ho capito che dovevo mettermi comoda… Non si sono più fermati, ognuno desideroso di raccontare la propria verità. Nel recriminare il comportamento degli altri negli anni, ognuno mi ha inconsapevolmente raccontato la propria storia e i propri vissuti. Ho intuito, dai primi incontri privati avuti con ciascuno di loro, che il fulcro del conflitto ruotava in particolare intorno a due di loro e li ho convocati insieme, uno di fronte all’altro. La sofferenza si tagliava nell’aria, ma entrambi avevano perso il senso della fraternità non per denaro, ma per comportamenti adottati, frasi dette e mai degne di perdono. Stremati, dopo due ore, stavano male entrambi, ma si sono parlati, come mai avevano fatto. Lì ho capito, che indipendentemente dall’esito della procedura, un obiettivo era stato raggiunto, perchè bisogna distruggere prima di ricostruire. Il giorno dopo, uno di loro mi ha scritto una lettera, riportandomi il suo malessere e comunicandomi che non si sarebbe presentato all’ulteriore incontro. Ho volutamente lasciato trascorrere un po’ di tempo, mentre i loro avvocati mi sollecitavano la fissazione di un (ultimo) incontro, anticipandomi che con molta probabilità i loro assistiti erano intenzionati a chiedermi di formulare una proposta. Non era la soluzione che più preferivo, perchè, nonostante tutto, con gli sguardi non si evitavano, ma si cercavano e non so che effetto avrebbe sortito una fredda raccomandata con una mia proposta che li avrebbe visti decidere da soli. La soluzione doveva essere condivisa e accettata …da fratelli. E ieri sera, dopo più di tre ore, la soluzione è venuta fuori! Ed era presente anche il fratello che non voleva più presenziare! So benissimo che non va sempre così. Ed è per questo che si chiama tentativo. Ma la controversia conciliata è degna di rispetto più di 100 liti non conciliate. Mi complimento con le parti e a loro va il mio più sincero ringraziamento per l’esperienza che mi hanno fatto vivere. Custodirò gelosamente quello che mi hanno riferito e spero di cuore che a Natale, dopo tanti anni, si porgano gli auguri.
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- Articolo pubblicato:26 Marzo 2012
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