La qualificazione e l’esperienza professionale del mediatore sono importantissimi per il successo stesso della mediazione, che deve essere necessariamente una mediazione “di qualità” tesa ad assistere al meglio le parti in vista di un accordo sulla controversia. Un mediatore capace, preparato professionalmente ed esperto rende ai cittadini un servizio altamente qualificato, oltre il risultato di un raggiungimento o meno di un accordo finale. In questa prospettiva si è mosso e si sta muovendo il legislatore a partire dal D.M.180/2010 per arrivare a quello correttivo del 2011 n.145. La previsione del legislatore, pure criticata da più parti, di prevedere una formazione iniziale minimale di 50 ore, incluse 4 ore per la valutazione finale, che aveva elevato il monte ore rispetto alla formazione vigente per i conciliatori societari (40 ore ex D.Lgs.5/2003 e D.M.222/2004), resta un punto fermo, così come è rimasta ferma la previsione del monte ore (18) per il prescritto aggiornamento biennale.
Sul punto dell’aggiornamento biennale, previsto dall’art.18, comma 2, lettera g) del D.M.180/2010, molti avevano già auspicato l’introduzione di un tirocinio sul campo per assicurare la necessaria esperienza del mediatore, anche se i corsi di aggiornamento di 18 ore prevedessero percorsi articolati in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti, ovvero, in alternativa, di sessioni di mediazioni. Il legislatore forse nella consapevolezza della carenza di mediatori esperti sufficienti ad affidare quelli tirocinanti e della iniziale mancanza di procedimenti di mediazione aveva tergiversato su previsioni normative di tirocinio.
Ora che il meccanismo, fondato sull’obbligatorietà della mediazione, è andato a regime, anche se a marzo 2012 scatterà l’obbligatorietà anche per la materia condominiale e dell’infortunistica stradale, il legislatore, attraverso il D.M.245/2011 ha introdotto il c.d. tirocinio assistito, quale ulteriore elemento professionalizzante del mediatore, accanto all’aggiornamento biennale obbligatorio di 18 ore. Si tratta di un obbligo per tutti i mediatori, da ripetersi ogni biennio, di partecipare, in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazioni svolti presso Organismi iscritti nel Registro di cui all’art.3 del D.M.180/2010.
La previsione del tirocinio assistito all’inizio ha suscitato non poche perplessità che solo in parte sono state fugate dall’interpretazione fatta dal Ministero attraverso la Circolare del 20 dicembre 2011. Ma andiamo per ordine.
Intendiamoci sui termini “tirocinio assistito” e “partecipare”. Il primo significa che il mediatore-tirocinante ha il permesso di assistere al procedimento di mediazione che è condotto dal mediatore designato dall’Organismo, senza che al termine possa essere dato alcun significato di assistenza o di condivisione del procedimento. Il secondo termine avrebbe potuto avere un significato più ampio se non fosse intervenuta, appunto, la Circolare esplicativa che ha chiarito che bisogna intendere la partecipazione come solo la presenza del mediatore-tirocinante senza il compimento di qualsiasi ulteriore attività legata all’esecuzione del compito del mediatore titolare. Ciò mi porta a ritenere che il tirocinante non può intervenire, limitandosi a recepire le strategie e le tecniche di conciliazione messe in opera dal titolare (ndr non è da ritenere è così).
Quest’ultima considerazione mi porta a vedere sotto una luce più chiara l’estensione anche ai mediatori “vecchi”, cioè quelli che hanno conseguito il titolo prima del D.M.145/2011, dello stesso obbligo da ripetere ogni biennio, per un arricchimento professionale dovuto alla novità di ulteriori controversie e la scoperta di modus operandi di altri colleghi mediatori.
E’ chiaro, inoltre, che il tirocinio introdotto appare anomalo per altri motivi in quanto lo stesso non precede ma segue l’acquisizione dei requisiti abilitanti all’esercizio dell’attività di mediatore, dovendo lo stesso essere già formato e iscritto quale mediatore presso un Organismo di mediazione. Ne consegue che il tirocinio viene collocato nella fase di “aggiornamento“ del mediatore, confondendo le due fasi con il risultato che si obbliga i mediatori a diventare “tirocinanti a vita“. Credo, a questo punto, che la ratio possa essere stata quella di evitare che i mediatori “vecchi”, cioè quelli formati prima del D.M.145/2011, potessero rimanere esenti da tale obbligo.
Alla luce delle precedenti considerazioni, si può affermare che il tirocinio così introdotto prevede che tutti siano mediatori e tutti siano tirocinanti senza poter capire bene chi dovrà apprendere tecniche ed esperienze da chi. Lo scrivente, che è avvocato, ricorda che il legale può avviare alla professione praticanti solo se iscritto nell’albo professionale da almeno due anni mentre nulla è stato previsto in questi termini per l’avvio alla professione di mediatore, prevedendo un tirocinio a posteriori che causerà problemi organizzativi anche agli stessi Organismi.
Ma ora precisiamo il quadro normativo introdotto dal D.M.154/2011 il quale all’art.4 introduce un nuovo comma, precisamente il 4°, all’art.8 del D.M.180/2010 in base al quale : ”L’Organismo iscritto è obbligato a consentire, gratuitamente e disciplinandolo nel proprio regolamento, il tirocinio assistito di cui all’art. 4 comma 3, lettera b)”. Questa norma è destinata chiaramente a suscitare non poche preoccupazioni agli Organismi e costituisce il corollario di una previsione di estesa obbligatorietà del tirocinio in forma gratuita, per cui vi è l’obbligo di accogliere le richieste di tirocinio e di soddisfarle gratuitamente, secondo la disciplina che indicheranno nel proprio regolamento. Inoltre, la norma è stata prevista in maniera così ampia per evitare proprio che si potesse stabilire un meccanismo di diretta corrispondenza tra iscrizione del mediatore nell’elenco dell’Organismo e l’obbligo del tirocinio presso il medesimo. E mi spiego meglio. La detta esigenza di garantire, per quanto possibile, a tutti i mediatori l’espletamento del tirocinio assistito non poteva prevedere ulteriori limiti che avrebbero causato la cancellazione in maniera indiretta di quegli Organismi che pur avendo conseguito il numero minimo di mediazioni nel biennio (che sono dieci ai sensi dell’art.10, comma 2) non avrebbero potuto consentire ai mediatori iscritti il numero minimo di mediazioni nel biennio di aggiornamento. Quindi, per questo è stata prevista la disposizione che consente a tutti i mediatori di poter svolgere il prescritto tirocinio presso qualsiasi Organismo di mediazione iscritto.
Ma la normativa introdotta ha lasciato spazio e responsabilità alla disciplina regolamentare del singolo Organismo che dovrà stabilire la disciplina del tirocinio, a partire, per esempio, dal numero di mediatori che potranno svolgere il tirocinio per ciascun procedimento di mediazione. La Circolare del 20 dicembre 2011 sottolinea che, quindi, non è possibile definire a priori un numero minimo o massimo di tirocinanti presenti volta per volta alle procedure di mediazione, per cui lascia alla valutazione del Responsabile di ciascun Organismo di mediazione il numero, tenuto conto della natura della controversia e della propria capacità organizzativa e strutturale e che l’Organismo non ottempera all’obbligo di consentire il tirocinio attraverso la visione di una video registrazione dell’incontro di mediazione. A questo punto, mi preme fare un collegamento tra l’affermazione della Circolare secondo cui la determinazione del numero dei tirocinanti che possono essere presenti nella mediazione è lasciata alla valutazione del Responsabile dell’ Organismo e il principio cardine del procedimento di mediazione che è la riservatezza dello stesso. Da quanto detto, mi sembra di poter affermare che la Circolare tenta di limitare l’effetto invasivo del tirocinio nel procedimento di mediazione, anche si i risultati non sono certi e validi in tutti i casi, in quanto, come detto, la presenza di uno o più tirocinanti pone problemi in ordine alla riservatezza del procedimento ed al diritto alla stessa di cui godono le parti. Se pensiamo alla struttura del procedimento di mediazione, che non è il processo ordinario, che è pubblico, ma una trattativa tra privati, quindi riservata, facilitata da un terzo imparziale, il problema da superare è preservare il diritto delle parti ad un procedimento riservato, e la prima conseguenza è che anche ai tirocinanti devono essere estesi gli obblighi di riservatezza e di terzietà del mediatore designato previsti dagli artt. 9, 10 e 14 del D.Lgs.28/2010. Punto centrale del problema, chiarito dalla stessa Circolare, è sicuramente la competenza, la professionalità e l’esperienza del Responsabile dell’Organismo, in quanto egli dovrà tenere conto della “ natura della controversia”e, quindi, dell’eventuale delicatezza della stessa (pensiamo a controversie riguardanti diffamazioni a mezzo stampa o responsabilità mediche di professionisti molto stimati ed in vista, o liti familiari successorie di persone e famiglie conosciute). E’ opportuno che il prioritario principio della riservatezza deve indurre il Responsabile a non consentire la partecipazione di tirocinanti al procedimento di mediazione, nella certezza e consapevolezza che le parti potrebbero essere imbarazzate e non disponibili completamente ad aprirsi al mediatore in informazioni o dichiarazioni personali, anche se il dovere di riservatezza, come detto, è sancito anche per i tirocinanti (vedi per relationem l’art.9, comma 1, D.Lgs.28/2010). Ma, a questo punto, sarebbe auspicabile che sia lo stesso mediatore titolare, con conoscenze più radicate nel territorio, a suggerire al Responsabile “ situazioni delicate” che potrebbero non consentire la partecipazione di tirocinanti.
Condivido in pieno l’obiettivo dichiarato dalla Circolare, ossia prevedere per i mediatori iscritti (cioè quelli che, avendo superato il corso, si sono accreditati presso un Organismo di mediazione) attraverso il tirocinio assistito, la possibilità concreta di confrontarsi con l’esperienza pratica di altri mediatori per affinare stili, tecniche di comunicazione, strumenti e dinamiche di risoluzione dei conflitti.
Intendiamoci, ora, su che cosa si intende per “tirocinio assistito” e sul termine “partecipare”, in relazione a quanto specificato dalla Circolare interpretativa del D.M.145/2011. La previsione normativa prescrive che l’attività formativa pratica dovrà essere compiuta mediante la partecipazione, in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione. Tirocinio significa attività di addestramento pratico, mentre assistenza significa che l’addestramento deve essere fatto alla presenza di un altro mediatore. Dalle norme non apprendiamo altro e dobbiamo ricorrere al significato dei termini e alla natura propria della mediazione. In merito al concetto di partecipazione, essa può essere intesa in senso restrittivo, cioè limitata alla sola assistenza di ciò che avviene, o in forma estensiva, cioè prevedendo che il tirocinante svolga talune attività sotto la vigilanza del mediatore, avendo, comunque, i tirocinanti un contatto diretto con il mediatore e le parti convenute in mediazione. Il Ministero ha preferito la soluzione restrittiva che prevede che il tirocinante deve limitarsi ad assistere al procedimento diretto dal mediatore senza compiere ulteriori attività. Ciò anche , come detto, in relazione alla natura stessa della mediazione in cui le parti devono sapere che la gestione della procedura dipende solo dall’attività del mediatore, al fine di instaurare quel rapporto di fiducia essenziale per il raggiungimento di un accordo. In conclusione, il tirocinante non può intervenire, limitandosi a recepire le strategie e le tecniche di conciliazione messe in opera dal mediatore titolare e designato. In pratica il tirocinante deve fare una sorta di “uditorato“.
Quest’ultima considerazione porta a vedere sotto un’ottica diversa e più comprensibile l’estensione anche ai “ vecchi “ mediatori, cioè quelli che hanno conseguito il titolo ed iscritti prima del D.M.145/2011, dello stesso obbligo da ripetere ogni biennio, per un arricchimento professionale dovuto alla conoscenza di nuove controversie e la scoperta di differenti modus operandi di altri colleghi mediatori.
Altro aspetto interessante è quello di capire se il tirocinante debba partecipare a tutte le fasi della mediazione o solo ad una o più fasi, anche ai fini delle venti mediazioni valide per il tirocinio assistito. La Circolare chiarisce che il tirocinio non può svolgersi nella fase preliminare e prodromica della mediazione, che è affidata al mediatore senza il contatto diretto con le parti, che è il requisito fondamentale dell’attività professionale del mediatore, per modo che si richiede che il tirocinante assista, in modo diretto, allo svolgimento, da parte del mediatore designato, di talune fasi del procedimento di mediazione in presenza delle parti, in pratica dalla prima sessione congiunta a quella di redazione del verbale di accordo o di mancato accordo. Ora, si è posta la questione se per raggiungere i venti casi di mediazione in forma di tirocinio assistito il tirocinante deve partecipare ad un intero percorso di mediazione, iniziando dalla sessione congiunta iniziale per terminare a quella finale di redazione del verbale, oppure sia sufficiente partecipare a singole fasi dello stesso. Secondo l’interpretazione della Circolare ministeriale, che deve essere pienamente condivisa, costituisce partecipazione alla mediazione, in forma di tirocinio assistito, anche la sola presenza ad una singola fase della stessa, perfettamente in linea con l’obiettivo di poter arricchire il bagaglio professionale del tirocinante in tutte e le fasi della mediazione. Ne consegue che il tirocinante potrebbe vedere l’esperienza di altri colleghi sia nella sessione iniziale, sia in altre fasi fino al momento della eventuale proposta.
Alla luce delle suesposte considerazioni e della considerazione pratica del numero di mediazioni in cui una parte non aderisce, ci poniamo il problema di considerare valide, ai fini delle venti mediazioni, i casi in cui il mediatore, in presenza della parte istante, prende atto della mancata comparizione della parte chiamata, redigendo verbale negativo, ex art.7, comma 5, del D.M.180/2010, come modificato dall’art.3 lett.a)del D.M.145/2011. Se dobbiamo essere coerenti con quanto innanzi detto circa la partecipazione del tirocinante ad un procedimento in cui sono comparse le parti, e le finalità che devono essere perseguite con l’introduzione del tirocinio assistito che prevedono una vera e propria attività di mediazione ai fini di un “addestramento“ personale, la risposta non potrebbe che essere negativa. Ma il Ministero ha considerato che ci troviamo nella prima fase di attuazione dell’istituto della mediazione, e che dalle statistiche ufficiali in suo possesso è emerso che i procedimenti di mediazione nei quali sono comparse le parti sono statisticamente inferiori a quelli in cui la parte chiamata non ha aderito. Dunque, non sarebbe opportuno, in questa fase, imporre l’espletamento del tirocinio assistito solo per le mediazioni in cui sono comparse le parti, in quanto ciò significherebbe limitare la possibilità per i mediatori iscritti di adempiere a quanto chiesto dalla norma.
Di conseguenza, l’orientamento, più che opportuno, mostrato dal Ministero è quello di poter consentire ai tirocinanti di adempiere al proprio obbligo formativo anche con la sola presenza alla prescritta redazione del verbale negativo da parte del mediatore designato. Solo dopo l’entrata a regime della mediazione e della sua cultura tra i cittadini e gli operatori del diritto, fase in cui le mediazioni “ attive “ saranno aumentate, si potrà modificare questo orientamento, esigendo dai tirocinanti la partecipazione a fasi attive del procedimento di mediazione, con la presenza della parte chiamata.
Chiudo questo lavoro con una sguardo più diretto agli obblighi dei tirocinanti e agli effetti di questo istituto sulla formazione dei futuri docenti pratici. E’ fuori dubbio che i mediatori tirocinanti devono osservare gli stessi obblighi previsti dalla legge,dal regolamento e dal codice etico per il mediatore designato dall’Organismo, presso il quale hanno deciso di adempiere al tirocinio. Primo fra tutti, come detto precedentemente, l’obbligo di riservatezza e conseguentemente l’applicabilità ai tirocinanti degli artt. 9 e 10 del D.Lgs.28/2010.
Come detto, tuttavia, un’assistenza di tirocinanti numericamente eccessiva non solo potrà non essere utile al tirocinante, ma potrà essere una remora per le parti, anche in relazione al principio cardine della riservatezza, a prescindere da aspetti formali. Corollario all’obbligo della riservatezza è il principio dell’imparzialità che deve essere seguito anche dai tirocinanti, con tutte le conseguenze che esso comporta.
Il sistema adottato comporta ripercussioni anche nel campo dei formatori pratici, in quanto essi devono aver maturato anche solo tre mediazioni, con evidente disparità di esperienza con gli stessi tirocinanti. Infine, si auspica un miglior coordinamento tra il tirocinio che precede l’abilitazione all’attività di mediazione ed il tirocinio requisito di formazione e aggiornamento, nel timore fondato che le previsioni vigenti si limitino ad aggravare il lavoro degli Organismi di mediazione, senza alcun effetto positivo sulla nuova qualificazione professionale dei mediatori.
Prof.avv. Domenico Lenoci – Mediatore e Formatore ANPAR