Nelle commissioni tributarie, non più gente incapace di assicurare imparzialità e terzietà, questo è quanto scritto nel D. Leg.vo sulla nuova manovra finanziaria. Gli iscritti in albi professionali, elenchi e ruoli, imperativamente non possono far parte in qualità di “giudice” delle commissioni tributarie. I nuovi giudici tributari, che andranno ad occupare il posto di quelli decaduti, saranno scelti tra magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili ed escludere chi, anche se in modo occasionale, svolge attività professionale. Secondo quanto disposto nel DL non possono essere nominati componenti delle commissioni coloro che in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, prestano la consulenza tributaria, detengono le scritture contabili e redigono i bilanci. Il divieto si estende a chi svolge attività di consulenza, assistenza o rappresentanza, a qualsiasi titolo, di contribuenti, associazioni di contribuenti, società di riscossione dei tributi o di altri enti impositori. Non possono inoltre essere componenti di commissione tributaria provinciale o regionale i coniugi, conviventi o parenti fino al terzo grado o gli affini in primo grado degli iscritti in albi o che esercitano le attività di lavoro autonomo nelle rispettive province o regioni o in quelle di altre province e regioni confinanti.
Finalmente, è stato risolto problema delle incompatibilità discusso e discutibile da anni sui limiti della consulenza fiscale. Il Consiglio di Stato ha più volte sentenziato che la consulenza in materia tributaria è in contrasto con l’attività di giudice poiché mette in dubbio il requisito della terzietà e indipendenza. La compromissione della credibilità e autorevolezza si configura anche se viene fornita la prova che l’attività non è svolta in proprio, ma presso uno studio associato. Devono ricomprendersi nella nozione di incompatibilità tutte le situazioni e condizioni che incidono sulla funzionalità complessiva della giustizia tributaria. La regola vale anche quando il giudice partecipi a società, associazioni o strutture nelle quali altri soci esercitano abitualmente attività esterna di consulenza fiscale. Unimoci per fare in modo che anche nei procedimenti speciali tributari sia obbligatorio prima di adire alla commissione il tentativo di conciliazione.
Finalmente, è stato risolto problema delle incompatibilità discusso e discutibile da anni sui limiti della consulenza fiscale. Il Consiglio di Stato ha più volte sentenziato che la consulenza in materia tributaria è in contrasto con l’attività di giudice poiché mette in dubbio il requisito della terzietà e indipendenza. La compromissione della credibilità e autorevolezza si configura anche se viene fornita la prova che l’attività non è svolta in proprio, ma presso uno studio associato. Devono ricomprendersi nella nozione di incompatibilità tutte le situazioni e condizioni che incidono sulla funzionalità complessiva della giustizia tributaria. La regola vale anche quando il giudice partecipi a società, associazioni o strutture nelle quali altri soci esercitano abitualmente attività esterna di consulenza fiscale. Unimoci per fare in modo che anche nei procedimenti speciali tributari sia obbligatorio prima di adire alla commissione il tentativo di conciliazione.