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RIFLESSIONI SUL TIROCINIO ASSISTITO DEI MEDIATORI E SUI PROBLEMI RELATIVI ALLA RISERVATEZZA DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE.

(A cura del Prof. Domenico Lenoci – avvocato mediatore ANPAR)

 

Il tirocinio assistito è stato introdotto, quale ulteriore elemento professionalizzante del mediatore, accanto all’aggiornamento biennale obbligatorio di 18 ore, dall’art.2  del Decreto del Ministero della Giustizia n.145 del 2011 e poi ulteriormente chiarito dalla Circolare esplicativa dello stesso Ministero dello scorso 20 dicembre.

Si tratta di un obbligo per tutti i mediatori, da ripetersi ogni biennio, di partecipare ad almeno 20 casi di mediazione svolti presso Organismi iscritti nel Registro di cui all’art.3 del D.M.180/2010.

La previsione del tirocinio assistito all’inizio ha suscitato non poche perplessità che in parte sono state fugate dai chiarimenti apportati dalla Circolare citata. Ma andiamo per ordine.

Intendiamoci sui termini “ tirocinio assistito” e “ partecipare”. Il primo significa che il mediatore-tirocinante ha il permesso di assistere al procedimento di mediazione che è condotto dal mediatore designato dall’Organismo, senza che al termine possa essere dato alcun significato di assistenza o di condivisione del procedimento. Il secondo termine avrebbe potuto avere un significato più ampio se non fosse intervenuta, appunto, la Circolare esplicativa che ha chiarito che bisogna intendere la partecipazione come solo la presenza  del mediatore-tirocinante senza il compimento di qualsiasi ulteriore attività legata all’esecuzione del compito del mediatore titolare. Ciò mi porta a ritenere che il tirocinante non può intervenire, limitandosi a recepire le strategie e le tecniche di conciliazione messe in opera dal titolare.

Quest’ultima considerazione mi porta a vedere sotto una luce più chiara l’estensione anche ai mediatori “vecchi”, cioè quelli che hanno conseguito il titolo prima del D.M.145/2011, dello stesso obbligo da ripetere ogni biennio, per un arricchimento professionale dovuto alla novità di ulteriori controversie e la scoperta di modus operandi di altri colleghi mediatori.

Mi preme ora considerare l’affermazione della citata Circolare secondo la quale la determinazione del numero dei mediatori tirocinanti che possono essere presenti ad un procedimento di mediazione è lasciata alla valutazione del Responsabile dell’Organismo collegandola ai problemi relativi alla riservatezza del procedimento di mediazione.

Secondo il mio parere, punto centrale del problema  è sicuramente la competenza,la professionalità e l’esperienza del Responsabile dell’ Organismo. E mi spiego.

Egli dovrà tenere conto della natura della controversia e, quindi, della eventuale delicatezza della stessa pensiamo a controversie riguardanti diffamazioni a mezzo stampa o responsabilità mediche di professionisti molto  stimati o liti familiari di persone conosciute). E’ chiaro che il principio prioritario della riservatezza potrebbe indurre il Responsabile a non consentire la partecipazione di mediatori tirocinanti alla mediazione, nella consapevolezza che le parti potrebbero non essere disponibili completamente ad aprirsi al mediatore in informazioni o dichiarazioni personali, anche se il dovere di riservatezza è sancito anche per i tirocinanti ( vedi art.9 comma 1 Decreto legislativo 28/2010).

Ma mi spingo ancora oltre e, proprio in ossequio al principio cardine della mediazione che è la riservatezza del procedimento, auspico che gli stessi mediatori titolari del procedimento comunichino al Responsabile dell’Organismo situazioni “ delicate” che potrebbero non consentire o richiedere la partecipazione dei tirocinanti.