Il presidente del CNF: I Giudici invitino le parti alla mediazione
Anche il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Guido Alpa, intervenendo all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2013 in Corte di Cassazione, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle altre più alte cariche dello Stato, non ha mancato di attribuire la giusta importanza all’adozione dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, in particolare dell’arbitrato e della conciliazione, “quali strumenti capaci di collaborare fattivamente al buon andamento della macchina Giustizia, al fianco della Magistratura e del Ministero della Giustizia. “Il nuovo ordinamento forense – precisa Alpa – offre agli Ordini forensi la possibilità di istituire camere arbitrali e di conciliazione per risolvere il contenzioso mediante procedure più snelle, che potrebbero consentire non solo un miglior accesso alla giustizia da parte degli abitanti del distretto ma anche una consistente riduzione del carico di lavoro dei giudici ordinari. A questo proposito – continua Alpa – tra le molteplici iniziative che si potrebbero assumere per ridurre questo grave fardello che rallenta e ostacola l’assolvimento efficiente della funzione giurisdizionale, val la pena di riprendere la proposta che permette al giudice ordinario di affidare ad arbitri o a conciliatori la causa ormai matura, per poter liberare gli uffici da vicende facilmente risolubili senza detrimento per l’interesse pubblico e con vantaggio per le parti”.
Nel suo intervento Alpa, ha inoltre evidenziato gli aspetti economici, e riferendosi al al contributo unificato, ha rimarcato che “Urge ridurre i costi di accesso alla giustizia, diventati davvero preoccupanti e onerosi soprattutto per le categorie più deboli”, e, sempre secondo Alpa, occorre eliminare le barriere all’accesso, come l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione “che ci si augura non sia più riproposta neppure con temperamenti e semplificazioni”.
Largo dunque, per il presidente del CNF, alla mediazione delegata dal Giudice.
Il problema è che gli Ordini professionali non mancheranno di accogliere presso i loro Organismi – visto che di Organismi privati non c’è traccia nel discorso di Alpa-, cittadini, forse già esausti dal tempo trascorso nelle aule dei tribunali, invitati dal loro Giudicante a conciliare la controversia. Non si può infatti non riflettere sulla circostanza che, nelle more, la parte coinvolta, avendo avviato il procedimento giudiziario, ha sostenuto i costi del contributo unificato, oltre che altri costi vivi, quali, ad esempio, quelli relativi alla richiesta di documenti, visure, perizie di parte, ecc., nonché doverosi pagamenti di parcelle in acconto al proprio legale di fiducia, per poi trovarsi, nel bel mezzo del cammino, a sostenere altri costi relativi al procedimento di mediazione o arbitrato, senza esito scontato. E, se l’esito sarà positivo, si sarà solo, nella maggior parte dei casi, evitato al Giudice di scrivere una sentenza, ma, nel frattempo, un bel po’ di denaro sarà stato speso. Certo, anche questo è un modo di collaborare con la Giustizia, ma, forse errando, si ha l’impressione di porre, in questa maniera, le esigenze del cittadino in secondo piano rispetto a quelle della Giustizia, oltre che di sminuire le capacità e le peculiarità dei sistemi ADR che sono da soli, come ha invece avuto modo di sottolineare il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, nella medesima occasione, in grado di fornire adeguate risposte a domande di giustizia. In altre parole, sembra si passi da un tentativo obbligatorio di conciliazione a una conciliazione “forzata”, poiché, non si può negare che le parti, invitate dal proprio Giudicante a comporre la loro lite, specie quando gran parte dei giochi processuali si sono compiuti, siano psicologicamente più distanti dall’accomodamento delle proprie posizioni, se non dettato dal protrarsi dei tempi e dei costi. E dov’è la possibilità di autodeterminarsi nella soluzione della lite, facilitata da un bravo mediatore, con lo scopo di una pacificazione sociale? E, da ultimo, come si può pensare di ripartire proprio dal dato più fallimentare registrato nel periodo di operatività del d. lgs 28/10 relativo al tentativo di conciliazione su iniziativa del Giudice, pari solo al 2,8 % degli avvii delle procedure di mediazione?
Non si abbia, allora, il timore di riconoscere in toto il successo di un istituto evidentemente fortemente voluto dai cittadini, dagli imprenditori, grandi e piccoli, come dimostrano i dati statistici ministeriali registrati sotto regime di obbligatorietà della mediazione, fiduciosi che anche l’Avvocatura “possa soddisfare le esigenze di natura sociale ed economica postulate dalla attuale difficile congiuntura”.
(A cura diMarisa Cataldo)