A volte l’ignoranza della mancata conoscenza di una legge ha lo stesso valore di una firma. E in questi giorni qualcuno, vigliaccamente ed in particolare nei confronti dei giovani avvocati, si sta prendendo il lusso di “avvertire” che chi esercita la nuova attività di mediatore professionale non può esporre tabelle, per pubblicizzare che presso lo stesso ufficio di avvocato, è svolta attività di mediazione professionale, così, come previsto dall’art. 4 comma 2 lettera a) del D.M. 180/2010.
Questi vigliacchi, dice Pecoraro – presidente dell’associazione nazionale per l’arbitrato e la conciliazione (ANPAR) – non si firmano ma si limitano solo ad intimidire verbalmente o a far passare falsi messaggi, nei confronti di chi è debole intellettualmente e di chi ha capito poco dell’importanza di essere autorizzato a presiedere un “ufficio di prossimità” o di delegazione, per l’esercizio dell’attività di mediatore professionale. Di “uffici di prossimità” ne ha parlato ampiamente ed autorevolmente il ministro Angelino Alfano in occasione dell’entrata in vigore del D. Leg.vo n. 28 del marzo 2010.
A chi serve mettere in cattiva luce questa grande riforma? A pochi soggetti – conferma Pecoraro – che non hanno nessun interesse ad assumersi responsabilità per i propri iscritti, li hanno danneggiati e li stanno danneggiando. Sono ben oltre centomila gli avvocati fuori dalla mediazione, chi li risarcisce della “cattiva informazione e della mancata possibilità di essere designati a risolvere controversie già a partire dal 20 marzo 2010”?
La mediazione è già realtà quotidiana, pur essendo giovane è un segnale forte nei confronti di chi ha deluso e ferito l’orgoglio di essere oltre che professionista anche mediatore professionale. E’ un atto di accusa che rappresenta una novità,- quello lanciato da Pecoraro – perché indirizzato unicamente a quei soggetti, che dicono cose diverse da quello che è la realtà dei fatti.
Ma ciò che colpisce di più è il fatto che al centro dell’attenzione, da parte di “una lobby” professionale, sono posti interessi personalistici e non la volontà dei cittadini o degli stessi iscritti.
La mediazione non si ferma, anzi è in forte espansione a prescindere dai cattivi consigli e dall’entrata o meno dell’obbligatorietà.
Non c’è nessun tipo di incompatibilità a qualificarsi avvocato – conciliatore professionale – avverte Pecoraro – anzi rincara la dose e chiede un’indagine per accertare se, ci sono consiglieri degli ordini professionali degli avvocati, che hanno assunto incarichi di amministratori in società pubbliche e private. Questi sì, che sono in netto contrasto di incompatibilità, con quanto previsto all’articolo 10 del regolamento forense. Per quanto ci riguarda continueremo a rappresentare coloro che si sono iscritti al nostro organismo. Per questo chiedo la collaborazione di tutti – in particolare degli avvocati iscritti ai rispettivi ordini professionali – per vincere sui soprusi e sulla intransigenza di certi personaggi – ed invito tutti i conciliatori professionali, anche non iscritti, ad inviare denunce degli improvvisi ed incomprensibili avvertimenti di “radiazione” dall’ordine, che pervengono in materia di pubblicità di contrasto all’esercizio della nuova attività professionale di conciliatore.
Questi vigliacchi, dice Pecoraro – presidente dell’associazione nazionale per l’arbitrato e la conciliazione (ANPAR) – non si firmano ma si limitano solo ad intimidire verbalmente o a far passare falsi messaggi, nei confronti di chi è debole intellettualmente e di chi ha capito poco dell’importanza di essere autorizzato a presiedere un “ufficio di prossimità” o di delegazione, per l’esercizio dell’attività di mediatore professionale. Di “uffici di prossimità” ne ha parlato ampiamente ed autorevolmente il ministro Angelino Alfano in occasione dell’entrata in vigore del D. Leg.vo n. 28 del marzo 2010.
A chi serve mettere in cattiva luce questa grande riforma? A pochi soggetti – conferma Pecoraro – che non hanno nessun interesse ad assumersi responsabilità per i propri iscritti, li hanno danneggiati e li stanno danneggiando. Sono ben oltre centomila gli avvocati fuori dalla mediazione, chi li risarcisce della “cattiva informazione e della mancata possibilità di essere designati a risolvere controversie già a partire dal 20 marzo 2010”?
La mediazione è già realtà quotidiana, pur essendo giovane è un segnale forte nei confronti di chi ha deluso e ferito l’orgoglio di essere oltre che professionista anche mediatore professionale. E’ un atto di accusa che rappresenta una novità,- quello lanciato da Pecoraro – perché indirizzato unicamente a quei soggetti, che dicono cose diverse da quello che è la realtà dei fatti.
Ma ciò che colpisce di più è il fatto che al centro dell’attenzione, da parte di “una lobby” professionale, sono posti interessi personalistici e non la volontà dei cittadini o degli stessi iscritti.
La mediazione non si ferma, anzi è in forte espansione a prescindere dai cattivi consigli e dall’entrata o meno dell’obbligatorietà.
Non c’è nessun tipo di incompatibilità a qualificarsi avvocato – conciliatore professionale – avverte Pecoraro – anzi rincara la dose e chiede un’indagine per accertare se, ci sono consiglieri degli ordini professionali degli avvocati, che hanno assunto incarichi di amministratori in società pubbliche e private. Questi sì, che sono in netto contrasto di incompatibilità, con quanto previsto all’articolo 10 del regolamento forense. Per quanto ci riguarda continueremo a rappresentare coloro che si sono iscritti al nostro organismo. Per questo chiedo la collaborazione di tutti – in particolare degli avvocati iscritti ai rispettivi ordini professionali – per vincere sui soprusi e sulla intransigenza di certi personaggi – ed invito tutti i conciliatori professionali, anche non iscritti, ad inviare denunce degli improvvisi ed incomprensibili avvertimenti di “radiazione” dall’ordine, che pervengono in materia di pubblicità di contrasto all’esercizio della nuova attività professionale di conciliatore.